La leggenda narra che un mio cugino, stimato e grande professionista, si facesse pagare a peso d’oro le consulenze che si ritovava a fornire ad amici e parenti che, sottovalutando la mole della propria richiesta, si ritrovavano a loro volta a chiedere consigli di varia natura.
Che dire, signore e signori: quel mio cugino faceva bene.
Mi trovo ora a scrivere in preda a un attacco di ispirazione acuta, dovuta senza ombra di dubbio alla rabbia che mi scorre nelle vene. Me ne sto qui, davanti al PC, mangiando frittelle, a scrivere nel vano tentativo di sbollire. Conoscendomi, mi dovrò lamentare pubblicamente di questa fastidiosa serie di episodi prima potermi dire “calmə”.
Che siate scrittori, autisti, preparatori atletici, avvocati, infermieri o qualunque altra cosa, abbandonate il volontariato. Adesso!
O meglio, fate volontariato, ma in campi che non si sovrappongano neanche lontanamente alla vostra professione. Qualunque persona benefici della vostra gentilezza, altrimenti, non solo si approfitterà di voi, ma finirà anche per sottostimare enormemente le vostre capacità, guadagnate con sangue, sudore e lacrime. La vostra professionalità, in altre parole, sarà perduta.
Ecco, brevemente riassunto, quanto mi è accaduto.
Breve storia triste
Avrò ovviamente cura di eliminare ogni riferimento a cose e persone realmente esistenti, ma se tu che stai leggendo ti senti tirato in causa sentiti libero di pensare che io abbia scritto questo articolo per te.
Sono in un periodo piuttosto intenso della mia vita: abito in una nuova casa, ne sto costruendo un’altra, c’è molto lavoro in ufficio, mi sto buttando a capofitto nel mio nuovo romanzo, ho iniziato a coltivare qualche hobby di troppo… Un sacco di cose, insomma.
Qualche mese fa, una persona che conosco mi ha convintə a prestare la mia opera a titolo di favore personale per un’iniziativa di cui, sinceramente, a me non importa poi molto. Mi sono fattə abbindolare, lo so. Qualche complimento ben piazzato e ho accettato. Bravə scemə, eh?
C’è da aggiungere, a mia discolpa, che all’epoca tutti questi impegni che mi ritrovo ad avere ora erano molto meno folli e che la data in cui si sarebbe dovuta tenere questa iniziativa mi vedeva tutto sommato liberə.
La data – manco a dirlo – è stata posticipata. Ormai, però, avevo preso l’impegno.
Comincia il mio lento peregrinare.
La persona che mi deve inviare il materiale per lavorare non mi manda tutto il materiale che mi serve per lavorare. Non contenta, questa persona insiste pure sul fatto che “non è vero, ti ho mandato tutto”. Oltre a lavorare gratis, devo pure perdere tempo per convincere gli addetti ai lavori che non hanno fatto i suddetti lavori.
Passano i giorni e vengo convocatə per una prova tecnica nel luogo in cui si terrà la fantomatica iniziativa. Due ore della mia vita buttate per una prova che di prova ha ben poco.
Passano i giorni e scopro che l’altra persona che lavorerà con me verrà pagata.
Passano i giorni e vengo convocatə per un’altra prova. Tre ore, questo giro. Torno a casa che è notte, a stomaco vuoto e senza centesimi o ringraziamenti in tasca.
Passano i giorni e una delle persone che promuovo questa iniziativa mi saluta dandomi appuntamento alla prova generale. Prova generale di cui io non so niente.
Scopro così che gli ideatori dell’iniziativa e la persona che, a differenza mia, viene pagata si sono accordati per una data e un orario, dimenticandosi di me. Guarda caso, io quel giorno ho già un impegno.
Stupidə io – ho condensato tutto, all’interno di quella giornata, per far rientrare anche la prova generale. In fondo, è l’ultimo sforzo… No?
No.
L’ideatore principe dell’iniziativa che mi sta rovinando la vita decide di apportare delle serie modifiche al tutto; modifiche che, in qualche misura, cambieranno anche il mio lavoro. Da un giorno all’altro e a quattro giorni dal giorno X, mi chiede due ore del mio tempo per un’ulteriore prova.
Parte così il fin troppo disponibile spiegone da parte mia sul perché, a causa dei miei già numerosi impegni, non posso trovare due ore da dedicare. Questa persona, decisa a non accettare un no come risposta, mobilita le alte sfere e – non so come – riesco a farmi convincere a trovare spazio.
Questione di tempo, ma non solo
Durante questa nuova sofferta prova, viene fuori che non può in alcun modo essere l’ultima: serva la prova generale. Un’altra.
Serve che io metta a disposizione altre due ore del mio tempo da dedicare a un qualcosa per cui non nutro alcun interesse, che faccio gratis e per cui mi stanno già spremendo.
La risposta, questo giro, è NO.
Categorico, senza possibilità di ritrattare.
Non sono mai statə bravə a dire di no. Mi faccio sempre troppi scrupoli e questo mi frega, perché gli altri di scrupoli non se ne fanno mica.
Alla veneranda età di quasi 30 anni, sto forse finalmente imparando.
Così lo dico: no. avevo già avvisato che le due ore che stavamo vivendo erano un’eccezione e che non avrei avuto tempo. Quindi, no.
Ovviamente, l’altra persona non molla l’osso. Per lui questa iniziativa è incredibilmente importante (forse allora avrebbe dovuto pensare di pagarmi, anziché affidarsi al mio buon cuore) e nulla può andare storto. La prova generale si deve fare.
Di nuovo: no.
Anche no
Giuro solennemente che questa è l’ultima volta che mi presto a una simile mancanza di rispetto. Lo aggiungo subito alla mia lista di buoni propositi per il nuovo anno.
Quel mio cugino della leggenda aveva ragione: cavolo se aveva ragione!
Lavorare gratis ti rende un signor nessuno. La gente (ignorante) non capisce che stai mettendo a loro disposizione anni di studio, pratica ed esperienza, nonché una buona dose di talento, per il loro interesse. Pensano che se possono non pagarti è perché non vale la pena farlo.
Da oggi, allora, se qualcuno vuole da me qualcosa sappia che deve tenersi pronto a ricevere presto mia parcella.
Post scriptum
Altri fastidiosi accadimenti che mi hanno portatə a perdere il senno, nonché la fiducia nell’umanità:
- I promotori dell’iniziativa non mi telefonano. Mi dicono da che ora a che ora posso io telefonare a loro per metterci d’accordo sulle questioni che riguardano la loro iniziativa;
- È stato richiesto che io mettessi i miei impegni personali e lavorativi al secondo posto.
- Mi è stato chiesto se le persone che ho inviato all’iniziativa (non che io volessi chiamare qualcuno, ma era quasi un obbligo che io lo facessi) fossero all’altezza.
NB: non si trattava di un’iniziativa di stampo atletico, in cui per partecipare devi avere formazione e attrezzatura… I partecipanti dovevano solo guardare. - Il super promotore mi ha espressamente dichiarato che il fatto di aver lavorato per lui gratis, senza alcun riconoscimento, sia di fatto un pagamento. Per cui (cito): «siamo pari. Con te non ho né debiti né crediti».
Scrittrice made in Biella, con tante passioni ma troppa fifa e troppo poco tempo. Hufflepuff di diritto, semi cantante, aspirante qualcuno.
Ho una penna e non ho paura di usarla.